Sempre più raramente su Netflix capita di trovare serie atipiche e orginali, quelle che ti fanno uscire dalla tua bolla e ti costringono a varcare la tua confort-zone. Bir Başkadır è una di queste. Purtroppo, nella migliore tradizione dei distributori italiani – quelli per capirci che hanno trasformato Domicile conjugal in Non drammatizziamo… è solo questione di corna – hanno tradotto il titolo originale con Ethos per cui sulla piattaforma la troverete così. Ma il titolo originale è ovviamente molto più significativo. Su internet non è facile trovare una traduzione sensata in italiano. La soluzione è arrivata da un’amica turca che in un vocale su whatsapp dice:
Ecco, Bir Başkadır è tutta un’altra cosa: per lo stile narrativo, il montaggio, la messa in scena che taglia dove ci si aspetterebbe un approfondimento e si dilunga dove dovrebbe tagliare; per il modo di affrontare temi molto usurati come pregiudizio, conflitto sociale, scontro culturale, prevaricazione, destino, interconnessione umana, trauma, guarigione, in maniera nuova e per niente scontata, almeno per uno spettatore occidentale; per l’intreccio di ambientazioni che ti porta dalle umili case dei villaggi rurali della campagna turca agli appartamenti di lusso nei grattacieli della capitale; per le scelte musicali che attingono a piene mani dalla tradizione popolare turca tutta davul, kemence e tempi dispari a manetta (che meraviglia i finali di episodio!)
Come se partiste per un paese remoto, mettete da parte le comodità e le certezze, pigliatevi un po’ di tempo e dategli una canche.
Oh, come e più del solito, è assolutamente vietata la versione doppiata in italiano, ok?
Concordo su tutto, si tratta di un viaggio in un mondo diverso e affascinante, realizzato con grande qualità. Ho trovato profondità, sorpresa, novità, ottima recitazione, scenari, ambienti e musiche studiati con grande cura.
L’ultimo episodio mi ha lasciato appagata (ottima la scena finale, che riprende quella iniziale, in un cerchio perfetto che chiude la storia) ma quasi orfana, con il rimpianto di non vedere più quei personaggi e quelle storie.
Tuttavia, come spesso accade, una seconda serie non avrebbe probabilmente la.stessa.forza.
Ethos è davvero una perla che ho scoperto per caso, nel cumulo di paccottiglia di Netflix. Interessante la visione sfaccettata della realtà turca. Curate le inquadrature, precisa l’attenzione ai particolari, la descrizione degli ambienti, la scelta della musica, bravi gli attori. Attendo il seguito della prima stagione. Consigliatissima la visione!
Finalmente un tema serio raccontato con intelligenza e senza appesantirne la visione. La sorpresa è grande per la musica, i colori, i paesaggi e non ultimi i caratteri dei personaggi. Anch’io temo un seguito che tiri via stiracchiando la bellezza vista fin qui. Ma spero in altre possibilità simili su questa rete.
Quando l’ho visto ho pensato con tristezza che qui in Italia stanno pubblicizzando la prossima uscita di una serie TV con la Capotondi sui Focolarini. Non ce la faremo mai…
Ce la faremo, Matteo, non buttiamoci giù. Segnali positivi si cominciano a vedere: Sanpa, per dire, è un prodotto davvero valido sia a livello di scrittura che di realizzazione e sta ottenendo il successo che si merita. Mi auguro che possa segnare un punto di svolta nella produzione audiovisiva italiana. Ne abbiamo un gran bisogno.
Doppio piacere: leggere la recensione “ad angolo giro” (fotografia, sceneggiatura, regia, musica, geografia, cultura…) di Trikkia, ritornato felicemente al primo amore, prima di accomodarsi a vedere un nuovo episodio di Bir Baskadir
La Turchia è piena di contraddizioni che non lascia molto spazio per la conciliazione. Quello che vince, alla fine, è l’umanità in tutto il suo aspetto dolce amaro. Bir başkadır, tutta un’altra cosa davvero.
La scelta dei brani musicali e film clip appartengono ad un paese che non c’è più. È un pianto per il passato tutto in linea con il carattere nostalgico dei turchi – ma attenzione! – fra le lacrime si intravede il futuro.
una bellissima sorpesa e poi vedere altre culture altre musiche ci allarga la mente
Sono d’accordissimo con Eleonora Cantù. L’unica cosa è che ad Istanbul non mi aspettavo di vedere persone come la protagonista
Quale protagonista? La psicologa o la giovane con il velo? Istanbul è l’una e l’altra è anche, per te che sei italiana come me, il luogo dove ho potuto entrare in chiese cattolico cristiane estremamente popolate. Vai a istikal caddesi la domenica e resterai esterefatta. Cordialità