Il cerchio della conoscenza che si chiude richiama alla mente quello pensato da Plotino nelle sue Enneadi. Il neoplatonismo plotiniano, infatti, sviluppa l’idea della discesa graduale dal divino al mondano. La realtà è interpretata come un unico ed unitario processo di successive articolazioni mediante le quali si passa dalla pura unità (l’Uno, principio assoluto e puro) alla molteplicità del mondo sensibile.
Questo passaggio avviene attraverso due percorsi fondamentali: quello discensivo e quello ascensivo. Il primo, è il processo di emanazione, grazie al quale, ogni realtà molteplice dell’universo discende dall’assoluta unità di Dio1Nella filosofia plotiniana l’Uno coincide con Dio.: l’Uno come supremo principio del Tutto cosmico. La Materia corrisponde, invece, all’estremo limite della processione ed è concepita come assoluta indeterminazione, privazione di essere e di bene, principio della separazione fra gli enti, oscurità in cui termina la luce2Secondo l’immagine a cui più spesso ricorre questa filosofia, il principio divino è come la realtà luminosa, da cui la luce si diffonde incessante senza che però a quella realtà venga meno neppure la minima parte della sua sostanza: donde il nome di “effulgurazione”, che viene usato talvolta per fornire all’idea dell’emanazione una maggiore evidenza intuitiva. dell’intelligibile. Il Cristo incarnato della Montagna Sacra, dunque, è giustificato nel suo essere inizialmente “ladro”, avido d’oro, irrequieto e iroso. È precipitato nella materia più nera e deve riprendere il cammino verso la luce. Secondo Plotino, infatti, il Male più grande per ogni anima è l’essere discesa nel corpo.
Ma l’anima che si libera dai vincoli dell’esteriorità per ritornare al suo principio compie il secondo cammino, a ritroso rispetto a quello avvenuto nella processione dall’Uno. Ma questo percorso, trascendendo l’Uno da ogni determinazione logica, non potrà essere razionale e si applicherà misticamente, come slancio d’amore e completa dedizione, nell’uscita dell’individuo da se stesso (ekstasiV). Ripensiamo al comandamento che l’Alchimista fa al Ladro: “Unisciti con questa buona donna che ti ha seguito sin qui solo perché t’ama. Dimentica le vette, raggiungi l’eternità attraverso l’Amore”.
Questo percorso mistico presenta non pochi punti di contatto con quello dell’Opera Alchemica 3Mi limito in questa sede ad accennare alcuni spunti rimandando, per un più appropriato approfondimento, al capitolo dedicato all’Alchimia.: il ricomporre, cioè, la nobiltà originaria della natura umana, affinchè la riunione con Dio, sia resa possibile da tutto ciò che lega la creatura al suo Creatore nonostante l’abisso infinito che la separa da Lui – vale a dire il cosiddetto “teomorfismo” di Adamo, disperso, o meglio, reso non effettivo dalla caduta. La trasmutazione del piombo in oro (obbiettivo dell’opera alchemica) è la rappresentazione di questo “ritorno”. Il piombo rappresenta, infatti, lo stato caotico, pesante e morboso del metallo o dell’uomo interiore, mentre l’oro – “luce solidificata” e “sole terreno”, secondo la tradizione alchemica – esprime insieme sia la perfezione del metallo che la perfezione umana. L’oro è il fine autentico della natura metallica e tutti gli altri metalli non ne rappresentano che gli stadi preparatori o le esperienze preliminari. Solo l’oro possiede in sé un armonioso equilibrio di tutte le proprietà metalliche, prima fra tutte l’immutabilità.
Volendo ricercare un parallelismo fra Plotino e l’alchimia, potremmo azzardare che l’oro sia il simulacro dell’Uno sulla terra. Un’icona sacra, fonte di ispirazione per l’uomo che aspiri a risalire la china della materia per giungere alla luce dell’unità divina. E non è un caso che l’alchimista Nicolas Flamel (1330-1417) si serva spesso del linguaggio della fede cristiana riflettendo sul compimento dell’opera alchemica: l’oro, scrive infatti, “muta l’uomo facendolo da cattivo buono, liberandolo dall’origine di tutti i peccati – l’avarizia – facendolo generoso, dolce, pio, religioso e timorato di Dio, non importa a quale grado di cattiveria possa essere giunto in passato. Per sempre l’uomo resterà prostrato dinnanzi alla grande grazia e misericordia che ha ottenuto da Dio e alla profondità delle Sue divine mirabili opere…”4Bibliothèque des Philosophes Chimiques, opera pubblicata da G. Salmon, Parigi, 1741.
Tratto da Jodorowsky errante – Viaggio nel cinema di Alexandro Jodorowsky di Emanuele Bertolini, 1999